IL VIAGGIATORE

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Il viaggiatore conosce bene  i labili

rapporti che ogni terra ha con le nubi.

Non sa che cosa li determini:

se sia il vento, la direzione

che hanno fiumi e montagne

la presenza di altopiani, di colline

il sole più sfolgorante o più

appannato, la distanza dai

mari.

Tra Albuquerque e Santa Fè certe mattine

il cielo cala quasi in modo che

le nubi corrano tra cespugli e spine.

Hanno la casa su vulcani

spenti, tra rocce

che fanno gobbe, ali, artigli

tra dune di terriccio che

fiori stenti e ruvidi

intaccano, su pianori

verdi e vasti, sorretti

da tronchi coni di pietra lassù.

Le nuvole ci volano o ci stanno

inginocchiate.

Vegliano sui tre Pueblo di

S. Domingo, Cochiti, S. Felipe,

deserto indiano d’estate.

Più a nord, verso il Colorado

sono ancora più rapide, più oblique e più

in movimento.

Sul massiccio del Sangre de Cristo

lasciano impronte

di  un nero che rasenta

quello delle criniere.

E sulla strada che da Taos porta

a San Cristobal

fanno scorrere, svanire

sovrapporre, saltare

macchie così scure e in un momento

mutate e tante che sembrano

una mandria di ombre

impazzite a pascolare

lì intorno.

Ogni terra ha rapporti con le nubi.

E il viaggiatore conosce bene i labili

rapporti che ha ogni anima con il vento.

                                                        Giuseppe Conte

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