C’è chi dimostra il proprio amore per gli alberi abbracciandoli, chi scrivendo poesie e pubblicando libri, chi, ancora, usando meno l’automobile o abbassando di un grado il riscaldamento di casa.
Federica Galli amava gli alberi incidendoli (no, non come fanno in tanti scrivendo “love” sulla corteccia).
Lei è stata a mio avviso la pià grande acquafortista italiana del ‘900
Le incisioni di Federica Galli raffigurano spesso alberi spogli, quando l’albero privo di foglie rivela il suo scheletro, l’aspetto tozzo o slanciato del tronco, dei rami, insomma, come dicono gli esperti: il portamento.
Così è facile in inverno restare incantati da questo intreccio di rami che disegna arabeschi sullo sfondo del cielo, apprezzare la forza dei tronchi, la spinta verso l’alto dei fusti di robinia o la classicità delle querce, la chioma arrotondata del pioppo nero dalla punta triangolare e gli ontani con i piccoli frutti neri ancora appesi ai rami.
Sicuramente lei lo sapeva come lo sapeva lo scrittore indiano Tagore:
“Gli alberi sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo”.
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