Percorro una strada vallonata tra distese di campi cosparse di paglia di riso, terreni agricoli strappati alla baraggia con sullo sfondo la mole imponente del Monte Rosa e finalmente appare all’orizzonte un vecchio borgo con un’alta torre (48 metri): è Rovasenda.
Il vescovo Liutvardo cede nel 965 ad Aimone conte di Vercelli quella che al tempo era la “silva Rovaxinda” (boschi quindi) e nel 1170 Alberto di Rovasenda inizia la costruzione del castello.
I Rovasenda resistono all’avanzata dei Sabaudi alleandosi con i Marchesi del Monferrato ma alla fine vengono sconfitti: è il 1413.
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rovasenda
Varie vicende si succedono nei secoli successivi, il castello viene più volte rimaneggiato, ci sono restauri parziali; oggi è visitabile solo in parte.
Conserva però ancora intatta la struttura del borgo, su un monticello di una decina di metri più alto della campagna, anch’esso cinto da mura di difesa e in passato, da un alto fossato.
Sento voci che vengono da lassù, in alto, dal cortile del castello.
Sono voci di bimbi che si rincorrono, che giocano dove un tempo sostavano i cavalli, lavoravano gli artigiani, venivano i mercanti a vendere i loro manufatti, le spezie d’oriente…
Ma la cosa che mi colpisce di più sono i grandi tigli dalle foglie colore dell’oro che rendono l’atmosfera quasi magica, o meglio è magico che i bambini giochino in questo cortile carico di storia in questo pomeriggio di sole sotto questi alberi nobili ed eleganti, direi quasi regali, baciati da una luce calda.
IL tiglio è una pianta che non esiste quasi più nei boschi, è una pianta che è stata addomesticata dall’uomo come i cani, come i gatti e infatti la troviamo nei cortili delle case, delle scuole, lungo i viali ma poco in ambienti “selvatici”.
Per lo più si tratta di Tilia x vulgaris, un ibrido tra le due specie più comuni ovvero il Tilia platyphyllos e il Tilia cordata, due piante che non amano formare boschi puri ma si associano a querce ed aceri, forse per questo le notiamo meno ma, mi dicono, hanno una discreta presenza sull’Appennino.
Di che specie saranno i tigli di Rovasenda? (Ammesso che a qualcuno importi.)
Forse non importa neanche a me.
Devo ricordarmi però di tornare in giugno per inebriarmi assieme alle api (e ai bambini) del profumo dei loro fiori.
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Per chi vuole approfondire:
http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/viewtopic.php?t=2586
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