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L’INTELLIGENZA DEL POMODORO

Pomodori

Certo lui non ha aspettato Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale di fama mondiale,  per farselo dire.  Lo sapeva già da solo.

Chi non lo sapeva siamo noi, la stragrande maggioranza degli esseri umani e anche qui, anche se il noto scienziato non ce l’avesse detto, in fondo noi qualche sospetto incominciavamo ad averlo.

Non tanto dell’intelligenza del pomodoro, ma delle piante in genere…

E del resto con tutti questi animali erbivori, insetti, funghi, batteri che ci sono in giro le piante sarebbero già scomparse se non avessero messo in atto delle strategie difensive efficaci.

Come coltivare i pomodori nell'orto: una guida completa, semplice e pratica

 

Ma veniamo al pomodoro.

Dove sta la sua intelligenza? ( e saggezza?)

In fondo lui è un tipo tollerante; se qualche bruco lo attacca, lo lascia “pascolare” tranquillamente: qualche foglia in meno non gli cambia la vita.

Helicoverpa armigera on tomato - Agrofórum Online

I bruchi in genere sono  della specie Heliothis armigera , una farfalla notturna  detta anche Nottua gialla del pomodoro, ma possono essere anche di altre specie affini.

Nottua gialla

Ma quando il numero di bruchi diventa troppo elevato  e attacca i frutti e quindi minaccia la sua esistenza ecco che il pomodoro produce una sostanza “neuro-attiva”  chiamata “jasmonato di metile” che rende i bruchi cannibali così che si mangino tra loro.

Feromoni contro la falena del pomodoro (Tuta absoluta) • Cinogarden

Questa sostanza viene prodotta fino a che il numero dei bruchi rientra nella normalità e non supera la soglia della tollerabilità.

Geniale vero?

L’INCREDIBILE VIAGGIO DELLE PIANTE

A molti se non a quasi tutti è noto l’albero di kaki di Nagasaki, sopravvissuto alla bomba H e divenuto simbolo di pace oltre che monito contro gli orrori di cui l’uomo è capace.

Con i suoi fratelli scampati alla medesima catastrofe viene chiamato oggi Hibakujumoku: un esempio estremo di resilienza.

La stessa resilienza che mostrano i pini della foresta di Chernobyl dopo l”esplosione del reattore 4 della centrale nucleare che ha generato la nube tossica diffusasi poi in mezza Europa e che ancora oggi nei pressi della centrale fa registrare livelli di radioattività molto alti.

Ne ho parlato in questo articolo andando a cercare alcune notizie dopo la lettura del libro di Stefano Mancuso, esperto internazionale di neurobiologia vegetale, in cui racconta per iperboli, paradossi storie di piante pioniere, fuggitive, reduci, combattenti, eremite, longeve oltre ogni immaginazione.

Foresta rossa di Cernobyl

L’incredibile viaggio delle piante oltre ai kaki di Hiroshima e ai pini di Chernobil racconta altre storie che hanno dell’incredibile ma anche del grottesco.

E’ il caso dell’acacia del Tenerè nel Niger settentrionale, capace di resistere ad un ambiente ostile e arido come quello del deserto ma ignominiosamente abbattuta dal camion di un autista ubriaco che aveva tutto lo spazio possibile dove passare eppure è riuscito a centrarla.

Già l’albero era stato danneggiato, sempre da un camion nel 1959… fino allo scontro finale.

La data è 8 novembre 1973

E ancora che dire della Lodoicea callipyge, una palma endemica delle Seychelles ma che viene chiamata Maldivica (un caso antico di migrazione) o anche Coco de mer che produce un grosso e pesante frutto con all’interno un seme dalle fattezze di un bacino femminile?

Lodoicea callipyge

Le storie strane e inaspettate sono tante e Stefano Mancuso ce le racconta in modo affascinante.

Per esempio tira in ballo l’Aston Martin di James Bond nella storia della Cakile arctica, una piccola pianta Islandese che “beve” acque salate oppure crea paralleli insoliti come il giaguaro e l’avocado, anche se non è una versione moderna della volpe e l’uva di Esopo.

Avocado

Insomma, un libro che ad ogni pagina riserva una sorpresa e ci fa capire quanto poco conosciamo il pianeta delle piante.

LA FORESTA DI CHERNOBYL

Chernobyl brucia;  brucia la foresta attorno al reattore nucleare esploso il 26 aprile 1986.

in molti se lo aspettavano, lo temevano… e la cosa più grave è che pare sia un incendio doloso.

Nella zona rossa in verità gli incendi non sono un fatto sporadico. altri incendi sono avvenuti per esempio nel 2018.

Ma in questa zona di 2000 Km2 denominata zona rossa o zona di evacuazione gli incendi sono molto più pericolosi che altrove perchè i valori di radioattività dopo più di 30 anni sono ancora molto alti.

L’incendio ha provocato un aumento della radioattività di 16 volte superiore a quella abituale.

 

La zona di evacuazione disabitata da 30 anni è conosciuta anche come “foresta rossa“:  le radiazioni nucleari successive all’esplosione del reattore  n. 4 della centrale di Chernobyl  (100 km a nord di Kiev nell’allora Unione sovietica ed ora Ucraina) hanno ucciso la maggior parte delle forme di vita animali ma hanno lasciato in piedi gli alberi (in gran parte pini silvestri) che però, similmente a quanto accaduto dopo l’esplosione della bomba nucleare su Hiroshima, sono diventati rossi.

Le foto dall’alto lo mostrano chiaramente.

Ma questo ambiente così ostile (invivibile) per l’uomo pare non lo sia per gli animali infatti nel tempo questa foresta si è popolata di uccelli e mammiferi altrove scomparsi: sono stati avvistati per esempio cicogne nere  e linci rosse, altrove scomparse e poi un orso bruno, un’aquila chiazzata e i cavalli di Przewalski (una specie in via di estinzione)

Cavalli di przewlasky

Orso bruno

Ne parla nel suo libro “L’incredibile viaggio delle piante” anche Stefano Mancuso, scienziato di fama internazionale   che chiama le piante di questa foresta “i combattenti di Chernobyl”  infatti oltre ad aver resistito alla nube radioattiva le piante sono gli unici organismi viventi in grado di assorbire i radionuclidi, sottraendoli all’ambiente, anche se con tempi molto lunghi.

Le piante però in questo modo diventano esse stesse radioattive e quindi quando bruciano liberano radionuclidi nell’atmosfera.

Un altro fenomeno che è stato osservato nella foresta rossa di Chernobyl è che le piante quando muoiono, ma anche le foglie quando cadono a terra non si decompongono.

La cosa pare sia dovuta al fatto che in questo bosco le radiazioni nucleari hanno ucciso forme di vita quali funghi, batteri, insetti  che decompongono le fibre vegetali.

E quando la foresta brucia, brucia molto più rapidamente.

Il paradosso è che l’area di Chernobyl è visitata ogni anno da moltissimi turisti  (più di 100.000 nel 2019).

La cosa è vero è successa e succede anche in Giappone per Hiroshima e Nagasaki perchè visitare i luoghi dell’orrore almeno può servire a futura memoria per non ripetere gli stessi errori ma come accaduto anche in Italia nelle zone dei recenti terremoti il rischio è che prevalga il voyerismo.

Gli ambientalisti hanno proposto che la foresta di Chernobyl,  se si salverà dagli incendi, diventi un parco naturale, un laboratorio ecologico dove prima che arrivasse l’uomo  la natura era “incontaminata”.

 

https://www.repubblica.it/esteri/2020/04/07/news/chernobyl_l_incendio-253402159/

 

LA NAZIONE DELLE PIANTE

Earthrise

Quando William Anders scatta questa foto è la vigilia di Natale del 1968.  La spedizione è quella dell’Apollo  8 e per la prima volta, dalla faccia oscura della luna l’uomo vede sorgere la terra sull’orizzonte lunare.

Questa foto è diventata famosa con il nome di Earthrise.

L’alba della terra ci rivelò un mondo azzurro e verde screziato di nuvole bianche, “un pianeta di maestosa bellezza  ma anche fragile e delicato.  Una colorata isola di vita  in un universo per il resto vuoto  e buio”.

Anni dopo uno scienziato  di fama internazionale,  STEFANO MANCUSO, riprende quella foto e chiama il pianeta terra  “La nazione delle piante”

La nazione delle piante non è solo un libro di ecologia ma attraversa argomenti quali la democrazia, l’organizzazione sociale, l’economia, la burocrazia, la libertà

Intanto come prima cosa sfata il mito che le piante siano esseri inferiori agli animali (uomo compreso)  e lo fa sulla base di un concetto molto semplice: senza le piante non sarebbe possibile alcuna forma di vita sulla terra: L’uomo non potrebbe vivere senza piante ma le piante senza l’uomo sì.

E allora come in una specie di “Costituzione” della Nazione delle piante Mancuso stila una carta dei diritti delle piante  della quale voglio citare alcuni articoli:

Art. 1  La terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente.

Cioè abbandoniamo l’idea che l’uomo (homo sapiens) sia il padrone della terra, che sia un essere superiore.  Le piante sono l’unico soggetto vivente capace di generare autonomamente energia grazie alla fotosintesi mentre tutti gli altri (uomo compreso) devono ricorrere a fonti esterne.

Pensiamo solo all’ossigeno, così prezioso per l’uomo… e se le piante non lo producessero come scarto della loro attività?

Art. 2…………

Art. 3  La nazione delle piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate.

Non esiste tra le piante il “maschio alfa” non esiste una struttura piramidale come nel regno animale così come le piante non hanno una netta differenziazione di organi e tessuti come nell’uomo, il cui grosso cervello  paradossalmente può diventare un handicap. Le piante invece, se ferite, offese, colpite da fenomeni esterni hanno una capacità di rigenerarsi molto superiore a  noi.

Art 7  (per brevità e anche per lasciarvi un po’ di curiosità)

La nazione delle piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivere senza alcuna limitazione.

Le piante non si muovono, stanno lì, ferme (direte voi) Non è proprio così.

A parte i viaggi che hanno fatto al seguito dell’uomo che ha portato alberi e semi da un continente all’altro, le piante si sono sempre mosse, certo più lentamente degli animali, che hanno più possibilità di sfuggire a incendi, alluvioni, siccità e, accanto alle difese maggiori che mettono in campo contro questi eventi catastrofici, si sono spostate di latitudine nei secoli (e millenni) seguendo i cambiamenti climatici e guai se non avessero questa possibilità.

E allora perchè negarla ai migranti?  A tutti i migranti perchè quelli che scappano dalla guerra scappano dalla fame, e quelli che scappano dalla fame lasciano alle loro spalle una terra che è diventata deserto  e quelli che non possono più coltivare la terra non hanno più soldi per dar da mangiare ai loro figli…

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In altra parte del libro l’autore afferma che la velocità scomparsa del  numero specie viventi (vegetali e  animali)  e quindi la perdita di biodiversità a causa dell’attività antropica è molto superiore  a quella del meteorite  che provocò l’estinzione dei dinosauri.

 

E’ per questo che la molto saggia Nazione delle piante, nata centinaia di milioni di anni prima di qualunque nazione umana, garantisce a tutti gli esseri viventi la sovranità sulla Terra per evitare che delle singole specie molto presuntuose possano estinguersi prima del tempo, dimostrando che il loro grosso cervello non era affatto un vantaggio, ma uno svantaggio evolutivo.

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Stefano Mancuso – LA NAZIONE DELLE PIANTE-  Ed. Laterza – Bari  – 2019