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FARINACCIO

Ecco; se c’è una pianta che non si fa notare, che tiene un basso profilo ed è molto umile questa è il Farinaccio ovvero Chenopodium album (dal greco chén = oca e podion = piede, riferito alla forma delle sue foglie).

Pianta spontanea che cresce lungo i margini stradali, lungo le strade di campagna, negli incolti e nelle zone aride è infestante ma non tanto e quindi non è odiata dai contadini come altre infestanti, è commestibile ma non così gustosa e quindi poco considerata anche dai raccoglitori di erbe selvatiche.

Eppure se ha questo nome, Farinaccio, un motivo ci sarà: la cultura popolare spesso ci racconta storie che arrivano da molto lontano,

Ci racconta dell’uso di raccogliere le foglie giovani per mangiarle lessate un po’ come le foglie di spinaci.

Ma è quando la pianta cresce che si capiscono altre cose. Forma infatti dei cespugli alti più di un metro e produce una spiga che, aspetta un attimo… ma sì assomiglia molto a quella dell’Amaranto e infatti il nostro farinaccio o farinello comune appartiene alla famiglia delle Amaranthaceae. E anche i suoi semi si possono consumare una volta seccati così come i suoi parenti nobili Amaranto e Quinoa (la più di moda in questo momento)

E la farina? cosa c’entra con il piede dell’oca?

Centra, centra. Intanto anche con i semi del Chenopodium macinati si produce una farina e poi quella leggera polverina bianca sulle pagina superiore delle foglie dà a loro al tatto una sensazione “farinosa” oltre al nome specifico “album”.

Basta così.

Per le proprietà medicinali invece guardate qui.

ENRICO IL BUONO

Lui è un tipo passato attraverso la storia.

Noi per trovarlo dobbiamo passare attraverso i campi.  Perchè quella che intendo io è un’umile pianta, l’altro è un sovrano che ha regnato nel XVII  secolo.

Ma chi li ha fatti incontrare?

E chi altri se non Linneo, il classificatore maniacale di tutte le forme di vita? (scusate la leggera ironia)

Stiamo parlando di Enrico IV di Borbone che diventa re di Francia nel 1589  e che il popolo ribattezza “Le bon Henry” ( il buon Enrico) perchè in tempi di carestia apre  al popolo le porte dei suoi orti di erbe commestibili.

E stiamo parlando anche dello spinacio selvatico ovvero Chenopodium bonus henricus; in Abruzzo invece lo chiamano Orapo.

Chenopodium bonus henricus

Chenopodium vuol dire piede d’oca (per la forma delle foglie).  L’appellativo di “Bonus henricus” questa pianta se l’è guadagnato per la sua generosità e presenza numerosa nei prati di montagna dove cresce spontaneamente ad una quota compresa tra i 1000 e i 1800 metri e dove si avvale per la concimazione delle deiezioni delle mucche al pascolo.

Protettore dei botanici e amante delle belle donne Enrico IV di certo non si è fatto mancare piatti succulenti a base di spinacio selvatico.

Le foglie e i germogli si possono lessare  e usare nelle zuppe e nelle minestre di verdure (hanno il sapore degli spinaci) oppure ripassare in padella oppure ancora usare nelle paste ripiene.

Orapi -Spinacio selvatico

In pianura il Buon Enrico (nel senso dello spinacio) ha un parente povero, il Chenopodium album, stessa foglia a zampa d’oca e di colore argentato, consumato un tempo, prima dell’avvento degli spinaci (quelli veri: Spinacia oleracea) e di Braccio di ferro.

Chenopodium album

Chenopodium album – Farinello

Il Chenopodium album o Farinello è oggi considerato una pianta infestante, relegato ormai ai terreni incolti, ai margini stradali e sulle macerie. Ma un tempo i suoi semi macinati diventavano farina presso i pellerossa del New Mexico, Utha, Arizona e con questa si facevano focacce o si mangiava come la polenta della farina di mais.

E se Parigi val bene una messa, come disse Enrico IV che da Ugonotto si convertì al cattolicesimo per salire sul trono di Francia, il Chenopodium  (di montagna o di pianura) val bene una minestra.

(Comunque ho i miei dubbi  che questo Enrico IV fosse poi così buono…)