E’ un boleto ma del ramo povero, diciamo. Gli xerocumus (dal greco Xerox, secco) sono quelli che nella famiglia dei porcini hanno gambe magre e storte, non come i boleti che con tutte quelle rotondità (anche nel gambo gonfio e pacioccone) trasmettono floridezza e opulenza.
Gli xerocumus, proprio perchè parenti poveri, sono meno considerati anche dai cercatori di funghi anche se come molti funghi svolgono la loro funzione ecologica crescendo in simbiosi con le radici della piante.
Xerocumus subtomentosum
Certo la loro carne è meno gustosa dei porcini e il loro gambo così secco e fibroso non si mangia, hanno poi il vizio di invecchiare presto e la loro carne diventa molle tanto da sconsigliarne l’uso alimentare.
Meglio così.
Sono più liberi di spandere le loro spore nel bosco e in qualche caso anche nei prati.
E’ il caso di questo Xerocumus rubellus, (chiamato anche Hortiboletus rubellus) che come dice il nome ha qualcosa di rosso anzi rosato soprattutto sul cappello anche se questo colore può variare molto nelle sfumature del rosa e del rosso.
I suoi tubuli sono gialli e poi verde oliva quando il fungo invecchia, similmente ai suoi parenti e al taglio la carne diventa azzurrina ma lentamente al contrario di certi porcini che appena li tocchi, puf! diventano subito viola.
Gli xerocumus o gambasecca sono una famiglia molto numerosa ed è impossibile conoscerli tutti anche se qualcuno è più famoso (almeno per me) di altri.
Cito ad esempio lo Xerocumus chrysenteron o boleto dorato e lo Xerocumus subtomentosum o lo Xerocumus ferrugineus
Rubellus per me è invece una novità assoluta, anche per il posto dove l’ho visto, sotto una pianta di tiglio e al momento sono rimasto un po’ perplesso.
Un fungo rosa?
Se fossimo in un cartone animato i puffi sarebbero davvero contenti.
NO, non è il rumore del vento, delle mie scarpe sulle foglie umide
E’ il rumore del bosco che cresce, anzi no, che si trasforma. Certo ci vorrebbe l’udito di un picchio per apprezzare il lavorio silenzioso delle larve che mangiano il legno ma forse il picchio farebbe fatica a sentire il legno che diventa humus sotto la diligente opera chimica dei funghi…
Umido, bagnato, fradicio: sono tre gradi di inzuppamento del legno che come i biscotti nel latte si scioglie, ma più lentamente, molto di più e intanto permette alle larve (come quelle dello scarabeo rinoceronte) di sopravvivere, ai batteri di trovare il loro incubatore naturale. Non tutto il (legno) marcio, viene per nuocere.
Infatti.
Nel bosco che ormai si prepara all’inverno i muschi dopo questa pioggia sono più vivi che mai (loro che sono capaci di resistere mesi senza bere) spiccano con il loro verde brillante sui tronchi neri, li rivestono a volte come come un guanto, come una morbida felpa.
Così accarezzare una quercia ti dà una sensazione di velluto e mentre l’abbracci e guardi verso le sue chiome ti accorgi che è come se lei accogliesse tra i suoi rami tutto il cielo in un abbraccio in bianco e nero.
Non la trovate sulle Pagine gialle (preistoria ormai) e neanche su Facebook. Non ha neanche un sito Web.
Eppure lavora tantissimo. Con i suoi ritmi… lenti, però lavora.
Non sappiamo che contratto applichi alle maestranze o se abbia appoggi politici anzi quasi sicuramente non ne ha, che tanto li lascia tutti a chi ha solo in mente il guadagno.
Però questa è un’impresa imbattibile perchè il suo unico obiettivo è la sopravvivenza (della specie).
A essere demoliti non sono le macchine, le case, i ponti ma gli alberi, quelli morti e quelli moribondi,
Le maestranze sono di assai varia provenienza; si parte dai funghi e dai batteri e si arriva agli insetti (meglio, alle loro larve) ma la loro parte la fanno anche alcuni uccelli e roditori.
I batteri e le muffe sono agenti invisibili quasi favoriti nel loro arrivo dagli insetti succhiatori come le cimici e le cocciniglie, arrivano sempre dopo queste, fanno il loro onesto lavoro ma non sono loro che cominciano per primi.
cimice dei campi
Cocciniglia cotonosa
Diverso il discorso dei funghi; quelli che vivono in simbiosi con le piante non farebbero mai loro del male, anzi l’albero è la loro ragione di sopravvivenza, quelli parassiti invece sono più pericolosi perchè succhiano linfa dalla pianta e provocano loro la carie tant’è che a volte deve intervenire il dentista degli alberi per fermare la loro opera nociva.
tronco di robinia tagliato con carie
I funghi saprofiti infine si occupano solo degli alberi morti, anche loro sono attaccati al legno ma visto che non c’è più nulla da fare per la pianta trasformano le sue fibre, le decompongono così che diventano nuovo nutrimento per il bosco.
E gli insetti?
Sappiamo che esistono quelli vegetariani, quelli carnivori e quelli… xilofagi.
Sono soprattutto le loro larve sviluppatesi dalle uova depositate all’interno dei tronchi che si cibano del legno, scavano cunicoli, indeboliscono la pianta.
Ma ci sono anche quelli che preferiscono il legno dei mobili come i tarli, tra questi lo Xestobium rufovillosum un tarlo chiamato anche “orologio della morte” Volete sapere perchè?
Poi il picchio, con il suo udito finissimo, li scopre e a colpi di bello buca la corteccia per andare a mangiarseli, ma anche in questo caso la pianta un po’ si “rovina” continua la sua lenta discesa verso gli strati più bassi dai quali è partita e dai quali altre piante nasceranno.
Ma se tutto ciò non bastasse, se l’uomo con le accette (ed ora con le motoseghe) se ne sta lontano, ecco che altri demolitori si affacciano all’orizzonte: sono i roditori mangia cortecce come i conigli o come gli scoiattoli golosi di pigne fino ad arrivare ai castori che però non fanno parte proprio di questa impresa.
Nel frattempo ne hanno fondata un’altra: quella dei costruttori di dighe.
Dici Amanita e subito pensi alla morte, al teschio con le due ossa incrociate, al pericolo e al veleno.
Sì, certo, ma non è sempre così, le amanite sono funghi tossici, a volte mortali ma ci sono anche quelle commestibili, anzi prelibate.
Le amanite sono una famiglia molto vasta ma le specie più popolari sono relativamente poche.
I greci erano soliti osservare questi funghi sul monte Amano nella regione della Cilicia al confine tra Siria e Turchia da qui Amanite ovvero funghi del monte Amano.
Sono funghi che crescono nei boschi di latifoglie ma a volte li troviamo anche sotto ai pini nei boschi di aghifoglie o misti anche in gruppi di numerosi esemplari.
La caratteristica che le accomuna tutte è la pellicola biancastra che avvolge il fungo quando spunta dal terreno e le fa sembrare un uovo (da qui l’altro nome comune di ovuli)
Ma c’è ovulo e ovulo e per scoprirlo dobbiamo aspettare che il fungo rompa il guscio (un po’ come i pulcini) e slanci il gambo, apra il suo cappello dapprima convesso , poi piatto e infine concavo, mostrando le lamelle in genere bianche o giallo pallido.
Bene. Ma da quale specie incominciamo?
Beh, direi dalla Amanita citrina.
Amanita citrina
E’ un fungo velenoso color giallo limone da giovane e bianchissimo da adulto in tutte le sue parti ma con placche sul cappello di colore più scuro che spariscono con la crescita. Però non profuma di limone bensì (si fa per dire) di patata. Altra caratteristica, a parte l’anello persistente sul gambo, è il grosso bulbo alla sua base.
Un fungo così. molto comune, lo vedi anche se è buio.
Ma non è l’unico. Infatti la vera star della famiglia è l’Amanita Muscaria, che ha recitato in numerosi cartoni animati con lo pseudonimo di Fungo di Biancaneve. Cappello rosso/aranciato, con placche bianche, velenosa anche lei la muscaria ha la fama di fungo allucinogeno in grado di alterare gli stati della mente.
Amanita muscaria
Il suo veleno però porta ad una sindrome panterinicache nel giro di due o tre ore porta al coma e alla morte.
Effetto immediato invece per le mosche che un tempo venivano uccise da questo fungo sopra il quale per attirarle veniva cosparso un po’ di latte. (da qui il nome di muscaria)
Amanita muscaria
A patto di non raccoglierlo è un fungo comunque molto bello anche da fotografare e poi ha anche un’altra peculiarità: è una spia dei porcini: dove c’è l’Amanita muscaria probabilmente si farà un buon raccolto.
E parlando di panterina (che non è una piccola pantera) eccoci arrivati alla Amanita pantherina.
Amanita pantherina
Cappello beige con le classiche placche sugli esemplari giovani, anche lei è velenosa come e forse di più della muscaria ma mai come l‘Amanita phalloides.
Qualcuno di voi penso già sospettava che sarei arrivato qui.
Purtroppo se le amanite hanno questa fama (vedi il teschio di prima) è soprattutto per merito (o colpa) sua
Amanita phalloides
Cappello verdognolo ma anche estremamente cangiante dal giallastro, al bruno al violetto. L’Amanita phalloides (Tignosa verdognola) è un fungo da cui tenersi alla larga, molto alla larga.
Il cappello inizialmente a forma di fallo (dal latino Phallus) non è una caratteristica sufficiente per il riconoscimento, per le lamelle può esser confusa con qualche Agarico o quando perde l’anello potrebbe essere scambiata per una Russula, insomma bisogna stare molto attenti.
Amanita phalloides giovane
Forse l’unico rimedio è raccogliere solo i porcini? (di certo a questi non assomiglia).
A proposito di somiglianze.
Vi pareva che non vi parlavo della Amanita cesarea? Ovvero Ovulo buono?
Un fungo spettacolare, regale anzi imperiale (Cesareo ovvero dei Cesari riferito agli imperatori romani) il migliore dei funghi commestibili, sostengono in molti.
Cappello aranciato uniforme con margine finemente seghettato, lamelle giallo uovo o dorate, anello ricadente come una calza, anch’esso giallo come il gambo.
Unica accortezza, aspettare che maturi perchè da giovane quando appena spunta dall’ovulo, quando è ancora avvolto nella sua pellicola biancastra può essere confuso con le amanite velenose.
Amanita Cesarea (Ovulo buono)
Cresce in genere in zone temperate, ma calde in boschi di latifoglie (castagni e cerri) fino ad una quota di 900 m in estate ed autunno.
Ecco perchè io non ho mai avuto modo di raccoglierlo (e quindi le foto di questo fungo non sono mie).
Va bene, lo chiameremo così, anche perchè Pinarello potrebbe essere confuso con una nota marca di biciclette, ma potremmo anche chiamarlo più pomposamente Boleto granuloso (dal latino Suillus granulatus, suo nome scientifico) oppure come i fungiatt del nord Italia: Bauscitt.
Allora, tutti questi nomi hanno una giustificazione, ci mancherebbe altro.
La prima evidenza è che questo fungo è legato ai pini a due aghi (pino silvestre, pino nero) cresce in simbiosi con queste piante e in questi ambienti di pineta più o meno pura (ma non nelle abetaie, pure se anche loro sono fatte da aghifoglie)
Appartiene alla grande famiglia dei boleti o Porcini (Suillus vuol dire relativo ai maiali: pare infatti che questi suini siano ghiotti di questo fungo).
Per quanto riguarda il nome specifico di granulatus invece bisogna fare riferimento alla sottile punteggiatura presente sul gambo. Ma noi inevitabilmente saremo attratti dal suo cappello che varie dal colore ocra al tabacco e dai tuboli giallo chiaro negli esemplari giovani e poi via via più scuri negli individui più maturi.
La superficie del cappello quando c’è tempo umido diventa viscida e vischiosa, da qui il termine dialettale di “bauscitt” termine che per assonanza ricorda il milanese “bauscia” ( individuo sbruffone, sempre pronto a vantarsi eccessivamente delle sue qualità tanto da avere la bava alla bocca) ma qui ovviamente con significato diverso.
Simile, ma più pregiato è il Suillus luteus che si distingue perchè dotato di anello sul gambo.
Suillus luteus
Presenti da primavera fino ad autunno inoltrato, nei loro ambienti crescono in gruppi anche numerosi e quindi sono facili da raccogliere, certo meno pregiati del Boletus edulis, il fungo per eccellenza ma , contrariamente a quando affermano alcuni sono dei buoni commestibili (tranne il gambo, troppo legnoso) se si asporta la cuticola superficiale che in cottura produce troppo schiuma e che comunque risulta indigesta. Indigesti sono anche gli esemplari troppo maturi perchè la carne da soda diventa molle e assorbe troppo condimento quindi è sconsigliabile consumarli.
Ma prima di mangiarli guardate quali altre sorprese ci riserva questo fungo.
Ci credereste che contiene carboidrati? Si, la manna, ovvero il mannitolo come nei frassini e poi zuccheri: il trealosio, lo zucchero dei funghi.
E non manca neanche il latte ovvero le goccioline lattiginose prodotte dai pori del fungo e visibili nella parte inferiore del cappello.
M’ama o non ‘ama? Chissà quanti di voi l’hanno fatto staccando ad uno ad uno i petali di una margherita o di una pratolina (Bellisperennis) e chissà quanti lo faranno ancora.
Però io vi prego, vi supplico: non fatelo più. Le margherite sono più contente se non gli strappate la loro bellezza e poi vi confido un segreto che deluderà forse i più romantici.
Le margherite hanno sempre un numero di petali dispari per cui se incomincio con il “m’ama” la risposta finale sarà inevitabilmente affermativa. Se invece si incomincia con il “non m’ama” (per i più incerti) la margherita non potrà che confermare le proprie insicurezze.
io invece credo di amare le piante, tutte, anche quelle più infestanti (con qualche distinguo, va beh). Sono per me un affetto stabile, senza bisogno di conferme.
Ma anche le piante tra loro si vogliono bene… il basilico per esempio vuole bene ai pomodori (non solo nel piatto, ma anche come vicino nell’orto) così le cipolle con le fragole,l’insalata con i ravanelli, i piselli con le carote e altre consociazioni che tengono lontani gli insetti nocivi e possono migliorare il gusto delle verdure
Ci sono poi tantissimi esempi di affetti stabili tra gli alberi e i funghi: i porcini con le querce o i castagni,…
Xerocomus badius
Foglie di castagno
foglie di farnia
Boletus edulis
Castango
Farnia (Quercus robur)
Ma il legame più stretto credo sia quello dei licheni, formati dall’unione di un’alga con un fungo, tanto che come nella Bibbia, sono diventati una cosa sola, indistinguibile…
il caso più noto è quello delle orchidee sudamericane che nel loro habitat naturale, vivono su altre piante, si”arrampicano” più in alto per avere più luce ma non succhiano il nutrimento dalla pianta ospite bensì si nutrono attraverso le foglie e le radici aeree.
Come uno che abita con te ma che si fa la spesa da solo. (un convivente ma senza legami affettivi)
Così come non sappiamo se si vogliono davvero bene tutte queste piante che crescono negli stessi ambienti, amano lo stesso tipo di suolo ma chissà…
Sarà la frenesia della vita moderna? Sarà quella stessa frenesia che obbliga migliaia (milioni?) di campesinos a coltivare campi di coca?
O sarà perchè lo scatto, quello buono, atletico, non quello da tic nervoso, è necessario alla sopravvivenza della specie?….
Lo schizophyllum commune è un fungo che cresce sia su legno morto che su legno delle piante vive di latifoglie.
Lo possiamo trovare quasi tutto l’anno e in quasi tutto il globo (è un fungo cosmopolita. Gli anglofoni lo chiamano Split Gill.
In realtà il suo nome deriva dal greco (schizo = diviso, phylla = foglia)
in effetti nella la parte inferiore del fungo è divisa in tante piccole lamelle bianco-rosate e lo fanno assomigliare ad una conchiglia o a un ventaglio.
Underside of a log, showing saucer-shaped appearance of centrally attached frutibodies of Split Gill (Schizophyllum commune). This saprobic mushroom is often found in overlapping clusters on decaying hardwoods. What appears to be gills are actually radiating folds or lobes. One of the most common and widely distributed fungi species worldwide, found on every continent.
La parte superiore è biancastra e “pelosa” quasi di feltro e morbida come un fiocco di neve.
E’ un fungo molto elegante e scenografico ma non è assolutamente commestibile anche se non velenoso.
Alcuni studiosi affermano che le sue spore se inalate possono essere pericolose per soggetti immunodepressi.
Altri affermano che è un fungo con almeno 28.000 sessi diversi (cosa comune a molti altri funghi).
Così che non sa neanche cosa è l’ omofobia. E neanche la schizofrenia.
Soprattutto se cresce vicino a un campo di camomilla.