Forse vi ho già parlato in altri momenti delle grasse; non sono un fissato, non le colleziono anche se ogni volta che vado in qualche vivaio resto a lungo ad osservarle. Però nel tempo anche io qualche succulenta ho imparato a conoscerla, forse non a coltivarla, infatti quelle che ho sono fortunate a sopravvivere con le poche cure che dedico loro.
Prendiamo ad esempio il Graptopetalum; non so più dove l’ho rubato spezzandone un rametto da un vaso (spesso i collezionisti fanno così, non sono stato il primo e neanche l’ultimo probabilmente).
Il Paraguayense è la specie più diffusa in Italia con le sue foglie carnose grigioverdi e i fiori a stella a cinque petali finemente macchiati di puntini rossi. Può resistere anche a temperature di -5 gradi e non necessita di annaffiature invernali (come tutte le piante grasse)
Graptopetalum
Un’altra pianta che ho “rubato” è questo cactus di pasqua. (Hatiora gaertneri) Non sono andato certo in Sud America.
Questa spettacolare specie ha origini sudamericane, precisamente del Brasile sud-orientale, Paranà e Santa Catarina. È una pianta epifita (cresce sugli alberi, sfruttati come sostegno) e meno spesso su rocce.
Il suo habitat è quello della foresta pluviale, per questo non è possibile coltivare all’aperto il Cactus di Pasqua nel nostro Paese, ma solo in appartamento. Forse quel giorno la signora l’aveva portato sul terrazzo a prendere una boccata d’aria…
Anche il Cactus di pasqua è facilissimo da moltiplicare per talea; basta prendere e piantare in un vaso una delle foglie carnose che una attaccata all’altra formano i suoi “rami” per far nascere una nuova pianta.
Il Cactus di Natale, ovvero Schlumbergera invece è arrivato molto prima, non mi ricordo da dove; si anche lui è una pianta del Brasile, ma non me l’ha portato Amazon; mi ricordo di averlo sempre visto a casa mia fin da tempi lontani.
E’ un parente della Hatiora gaertneri (le foglie sono simili e ugualmente efficaci nelle talee) ma la struttura del fiore è diversa e così il periodo di fioritura che coincide con i loro rispettivi nomi popolari. Però non sempre i tempi sono rispettati, almeno le piante che ho io.
Puntuale invece tutti gli anni nello stesso mese (maggio/giugno) fiorisce l’Aloe aristata. Questa non l’ho rubata; è il frutto di uno scambio in uno di quei mercatini del baratto di piante che esistono sempre più numerosi (non mi ricordo però che piante avevo portato io).
E’ una pianta incredibile, può stare anni senza bere una goccia d’acqua, a volte può stare anche senza terra e non muore, si chiude e si arriccia come una carlina quando sta per piovere e assomiglia ad un carciofo secco ma appena bagni riprende vita e regala una spiga di fiori tubolari aranciati come altre specie di Aloe.
Aloe aristata, la pianta della “resurrezione”
Con l’aloe aristata e le sue piccole spine filamentose (ariste) siamo passati alle grasse con le spine (mente le altre descritte in questo articolo non ne hanno).
Le spine sono importanti per le piante grasse, evitano scottature, impediscono una eccessiva traspirazione e quindi perdita di acqua, garantiscono una efficace difesa dagli animali che vorrebbero approfittare della loro succulenza.
Un esempio per tutte è l‘Echnopsis (Luna di miele) dalla forma a palla quando è giovane si sviluppa poi in altezza e produce dall’età di tre anni in poi grossi fiori a tromba rivolti verso l’alto , bianchi con magnifiche sfumature rosa che si aprono al mattino e durano solo un giorno.
E’ interessante come gli stami (contenenti il polline) siano posti più in basso del pistillo (organo femminile del fiore) per evitare la auto-impollinazione e quindi un maggiore incrocio di geni, utili alla biodiversità genetica e in ultimo alla sopravvivenza delle specie.
Ma voglio chiudere questo articolo con un ricordo.
Questa pianta non l’ho rubata, o scambiata, non è arrivata a casa mia per caso ma è il dono di una mia cugina purtroppo scomparsa.
E a volte le piante servono anche a questo: un altro motivo per amarle.